1. Premessa in fatto
La pronuncia della Corte Costituzionale prende le mosse da due questioni sollevate dal Giudice dell’esecuzione immobiliare presso il Tribunale ordinario di Barcellona Pozzo di Gotto (Ordinanza del 13 gennaio 2021 – Reg. ord. n. 40 del 2021), e dal Giudice delle esecuzioni immobiliari presso il Tribunale ordinario di Rovigo (Ordinanza del 18 gennaio 2021 – Reg. ord. n. 51 del 2021), entrambe vertenti sull’art. 13, comma 14 del d.l. 183/2020, come convertito, sino al 30 giugno 2021, che aveva disposto la proroga dell’efficacia dell’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020 (si tratta di disposizioni del tutto eccezionali, per far fronte al periodo di pandemia da Covid-19, fino al 30 giugno).
La disposizione da ultimo citata, in particolare, aveva disposto la sospensione, in tutto il territorio nazionale di ogni procedura esecutiva per il pignoramento immobiliare, di cui all’art. 555 del Codice di procedura civile, che abbia ad oggetto l’abitazione principale del debitore, fino al 30 giugno u.s.
In particolare, secondo il Giudice di Barcellona Pozzo di Gotto, l’art 54- ter del d.l. n.18/20, ulteriormente prorogato dall’art. 13, comma 14 del d.l. 183/2020, sarebbe risultato in contrasto con gli artt. 3, c.2; 24, c.1; 47, c.2 e 117, c.1 della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 6 della CEDU e 1 del Protocollo addizionale alla CEDU.
Il Giudice ha dubitato, anzitutto, della compatibilità della norma con l’art. 24, comma 1 della Costituzione, sull’assunto che il diritto del creditore di soddisfarsi in sede esecutiva è parte essenziale della tutela giurisdizionale e la sospensione non avrebbe potuto essere giustificata dall’esigenza di tutelare altri beni di rango costituzionale, come il risparmio e la salute individuale o collettiva.
Il Giudice a quo ha, pure, ipotizzato che la disposizione censurata potrebbe porsi in contrasto con gli artt. 3, c. 2 e 47, c.2 della Costituzione, in quanto, con la stessa, il legislatore non avrebbe ponderato adeguatamente i contrapposti interessi dei creditori e dei debitori esecutati, né l’incidenza negativa che una progressiva stabilizzazione della misura di sospensione di cui all’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito e prorogato alla data del 30 giugno 2021, potrebbe avere sulla collettività, per l’idoneità a determinare un sensibile aumento dei tassi di interesse sui mutui, a causa dell’incertezza dei creditori di recuperare coattivamente le somme erogate.
Il Giudice delle esecuzioni immobiliari, presso il Tribunale di Rovigo, ha sostenuto, invece, che la libertà di iniziativa economica privata potrebbe essere compromessa dall’incidenza negativa che la proroga dell’efficacia dell’art. 54-ter del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, avrebbe sulle prospettive di recupero giudiziale del credito, senza che sussistano ragioni giustificative di tale previsione.
La ratio normativa, infatti, non potrebbe essere ravvisata nell’esigenza, determinata dall’emergenza COVID-19, di tutelare la parte colpita dalla crisi economica, in quanto le procedure sospese, a partire dalla data del 30 aprile 2020, riguarderebbero debitori inadempienti prima di tale momento.
Il giudice rimettente ha dubitato, pure, della compatibilità delle norme che hanno prorogato l’efficacia dell’art. 54- ter del d.l. n. 18 del 2020, con l’art. 47 Cost., atteso che le difficoltà nel recupero dei crediti, determinate dalla sospensione in questione, finiscono con il riverberarsi sulle condizioni di accesso della generalità dei cittadini al credito bancario, rendendole più rigorose.
In aggiunta, vi sarebbe un contrasto anche con il combinato disposto degli artt. 24, 111 e 117 Cost., primo comma, quest’ultimo, in relazione all’art. 6 della CEDU, poiché le stesse comporterebbero una limitazione del diritto di azione del creditore, non giustificata né dalla crisi economica né dall’esigenza di tutela della salute, bensì finalizzata ad una sorta di “politica di favore” del diritto di determinati soggetti all’abitazione.
2. La decisione della Corte costituzionale
In virtù della sovrapposizione delle due ordinanze di rimessione, sia per le disposizioni censurate, sia per i parametri evocati, la Corte ha riunito i due giudizi, in modo da poterli concludere con un’unica decisione.
Il Giudice delle leggi ha proseguito, poi, con il thema decidendum, individuandolo e limitandolo all’art. 13, comma 14 del d.l. 183/2020, che ha prorogato l’efficacia della disposizione di cui all’art. 54-ter (con conseguente sospensione delle procedure esecutive immobiliari aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore esecutato.
Dopo aver ripercorso le alterne vicende dell’art. 54-ter, più volte prorogato, senza che, peraltro, ne venisse modificato, in alcun modo, il contenuto, contrariamente ad altre disposizioni di matrice emergenziale, la Corte ha concluso decidendo per la fondatezza delle questioni sollevate dai Giudici dell’esecuzione, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma della Costituzione, con assorbimento delle altre.
La Corte ha cominciato, anzitutto, con il ribadire che la garanzia riconosciuta dall’art. 24, comma 1 Cost., di poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi, comprende anche l’esecuzione forzata; in particolare, la Corte ha sottolineato che l’azione esecutiva rappresenta uno strumento indispensabile per l’effettività della tutela giurisdizionale, poiché consente al creditore di soddisfare le proprie pretese, in mancanza di un adempimento spontaneo da parte del debitore.
Sulla questione si era già pronunciata la stessa Corte con sentenza n. 225 del 2018; n. 198 del 2010; n. 335 del 2004.
Ad avviso della Corte, la sospensione delle procedure esecutive dovrebbe costituire un evento eccezionale, giustificata da particolari esigenze transitorie.
Il legislatore può, dunque, in presenza di eventi eccezionali, sospendere la soddisfazione del diritto del creditore alla tutela giurisdizionale, in sede esecutiva; tuttavia, non deve prescindere dall’operare quel necessario bilanciamento tra i valori costituzionali in conflitto.
Nel caso in concreto, vengono in rilievo, anzitutto, il diritto all’abitazione, che rientra fra i requisiti essenziali caratterizzanti una società e uno Stato democratici, qualificabile come bene di primaria importanza (così, pure, Corte Cost. sent. 79 del 2020).
Dall’altro lato, tuttavia, la tutela di tale diritto non può far soccombere le esigenze collegate alle legittime pretese creditorie.
Una proroga “a oltranza” della sospensione, dunque, mal si concilia con l’esigenza di operare il suddetto bilanciamento; il legislatore, prorogando una misura generalizzata e di extrema ratio avrebbe, quindi, ad avviso della Corte, dato vita ad una sproporzione tra i diritti del debitore e quelli del creditore, anche in virtù del fatto che il diritto a conservare l’abitazione riceva già tutela dall’art. 103, comma 6 del d.l. 183 del 2020, come convertito, applicabile anche al decreto di trasferimento del bene espropriato.
Per tale ragione, la Corte costituzionale, con la pronuncia in esame, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 14, del decreto legge 31 dicembre 2020, n. 183.
3. Risvolti pratici
Ricostruita la vicenda dal punto di vista fattuale e giuridico, occorre ora chiedersi quali risvolti pratici avrà la pronuncia della Corte costituzionale, soprattutto in relazione al prosieguo delle attività e delle procedure esecutive sugli immobili, che sono state sospese.
Da questo punto di vista, occorre tenere ben presente un principio costituzionale imprescindibile: quello sancito dall’art 136 Cost., il quale dispone che la norma dichiarata incostituzionale cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza.
Altro parametro da tener presente è quello sancito dall’art. 627 c.p.c., in relazione al computo del termine semestrale per la riassunzione.
Se si ricollegano tra loro le due norme, la data di pubblicazione della sentenza (e cioè il 23/06/2021) rappresenterebbe il dies a quo per il computo del suddetto termine semestrale.
La soluzione, tuttavia, non convince del tutto, poiché sembrerebbe foriera di ingenti danni per i creditori.
Questo perché, tenendo fede a quanto detto sopra, la regolare ripresa delle attività si avrebbe anche in tutti quei casi in cui il Giudice abbia assegnato un termine più breve per la riassunzione; di talchè, ipotizzando di far decorrere i termini dal 31 dicembre 2020, e, dunque, non computando il periodo relativo all’ultima proroga (quella concessa dall’art. 13 comma 14 del d.l. 183 del 2020, e dichiarata incostituzionale), detti termini sarebbero risultati inesorabilmente decorsi.
Nell’incertezza interpretativa, che si riverbera poi sul piano pratico, il Tribunale di Roma ha provato a far chiarezza sul punto, per il tramite di una circolare datata 26 giugno 2021 (firmata da tutti i Giudici dell’Esecuzione), la quale ha richiesto il deposito della riassunzione entro sei mesi, da farsi decorrere dal 31 dicembre 2020 o entro il 30 giugno 2021.
I Giudici della Quarta Sezione sono partiti dall’assunto che la sospensione dell’esecuzione sugli immobili, disposta per legge, avrebbe dovuto ritenersi cessata alla data del 31 dicembre 2020, e che la riassunzione si sarebbe dovuta effettuare entro 6 mesi dalla cessazione della sospensione.
Nonostante lo sforzo per dirimere i dubbi ermeneutici, l’interpretazione offerta dai Giudici Capitolini poco si concilia con la volontà della Corte costituzionale di impedire l’applicazione dell’art. 54-ter così come prorogato, nonché offrire un’efficace tutela ai creditori, tutela che, a voler seguire l’interpretazione dei Giudici dell’esecuzione, risulterebbe compromessa per decorrenza dei termini.
In relazione all’orientamento manifestato dal Tribunale di Roma, numerosi Tribunali (tra gli altri, Frosinone, Velletri, Milano, Perugia, Brescia) hanno sposato una tesi differente, sottolineando che, in realtà, non sia necessaria alcuna riassunzione.
In particolare, nel provvedimento del 29 giugno del 2021, il Tribunale di Frosinone ha statuito che: “ben si può prescindere dal deposito di un atto di riassunzione, essendo rimesso poi al successivo impulso di parte la decisione di proseguire il processo esecutivo mediante richiesta di emissione di ordinanza di vendita all’udienza già fissata”.
E ancora, il Tribunale di Velletri ha disposto la riassunzione ex officio di tutte le procedure esecutive, e di tutti i giudizi divisionali e/o endoesecutivi sospesi, in conseguenza della pronuncia di incostituzionalità del Giudice delle leggi, e ciò “anche in mancanza di una apposita istanza di riassunzione” (Provvedimento del 28 giugno 2021).
4. Riflessioni conclusive
La pronuncia della Corte costituzionale rappresenta una svolta nella complessa vicenda che, ormai, da più di un anno sta coinvolgendo i creditori, il soddisfacimento dei quali è stato temporaneamente sospeso da disposizioni che, seppur dettate da esigenze del tutto eccezionali, di fatto, hanno limitato il loro diritto ad agire in giudizio per la tutela dei propri diritti.
Se è vero, infatti, che garantire un’abitazione, soprattutto in questi tempi di emergenza sanitaria, rappresenta una prerogativa irrinunciabile, è pur vero che già esistono disposizioni di legge in tal senso e che anche le legittime pretese dei creditori debbano, in qualche modo, essere soddisfatte, nonostante il periodo di forte crisi e instabilità.
In un quadro complesso e intricato, in una realtà profondamente mutata, si inserisce a far chiarezza una pronuncia dotata di una lucidità e una razionalità tali per cui sia abbastanza difficile confutare quanto sostenuto dal Giudice delle leggi.
La Corte ha sottolineato che nonostante tutte le disposizioni coniate durante la fase emergenziale abbiano subito (per usare un termine improprio) degli “aggiustamenti” man mano che la situazione, imposta dalla pandemia, si protraeva nel tempo; lo stesso non è accaduto per quella relativa alla sospensione dell’esecuzione sugli immobili.
Il carattere eccezionale della legislazione emergenziale, per quanto non sia assolutamente venuto meno, è sceso pian piano a patti con una realtà economica e sociale che ha tentato di adeguarsi ad una situazione che non può più dirsi ignota o imprevedibile (come, di fatto, si prefigurava agli inizi del periodo di pandemia da Covid-19), di talché un adeguamento delle disposizioni di legge graduale, che porti in un futuro prossimo ad un “assestamento” quanto più vicino al normale, si impone, ad oggi come necessario per la salvaguardia di tutti i diritti e gli interessi in gioco, facciano questi capo ai debitori o ai creditori.
Se lo sforzo della Corte è assolutamente encomiabile, rimane, tuttavia, l’incognita dei risvolti pratici della pronuncia, che sembrano essere, al momento, il problema di maggiore complessità, nonostante i dubbi ermeneutici siano stati, in qualche modo chiariti dai vari Tribunali di primo grado, più o meno tutti allineati (ad esclusione, per il momento, del Tribunale di Roma) sulla non necessarietà della riassunzione.
Se, dunque, la situazione è stata chiarita da un punto di vista “teorico”, quanto ai risvolti pratici si rimane, ancora, in attesa di un intervento chiarificatore uniforme e definitivo da parte della giurisprudenza (o di un ulteriore intervento del legislatore).
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 128 del 2021, dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 13 comma 14 del Decreto legge n. 183 del 2020.
14 Luglio 2021
Ultime News
Leasing finanziario e risoluzione del contratto avvenuta prima della dichiarazione di fallimento dell’utilizzatore
Con la pronuncia n. 27133 del 14 Settembre 2022, la Suprema Corte di Cassazione ...
L’esecuzione forzata quale forma atipica di alienazione negoziale
Con l’ordinanza n. 25926/2022 la Corte di Cassazione afferma che, se è pur ve...
Intangibilità degli acquisti in executivis al di fuori del processo esecutivo
“Le parti del processo esecutivo hanno l’onere di denunciare con l’opposiz...