7 Marzo 2022

Con l’ordinanza 5857/2022, la I Sezione Civile della Corte di Cassazione ha avuto modo di dettare alcuni principi in materia fallimentare.

Nello specifico, la controversia verteva sulla conclusione di un contratto di cessione in crediti in blocco tra una s.a.s. e una banca, ai sensi dell’art. 58 del Testo Unico Bancario (“T.U.B.”), poco prima che la società venisse dichiarata fallita; stesso contratto, peraltro, era stato stipulato anche con una s.r.l..

Nelle more della procedura fallimentare, nel corso dell’accertamento del passivo, l’istituto di credito si era insinuato in ragione di una prelazione ipotecaria, risultata poi revocabile ed ammessa come credito chirografario; allo stesso modo era stata trattata la domanda di ammissione al passivo proposta dalla s.r.l..

In risposta al ricorso presentato, la Corte di Cassazione ha inteso riordinare la disciplina in materia secondo due diversi orientamenti:

  • da un lato, ha ritenuto che la domanda di ammissione del credito avente rango ipotecario assorba, ricomprendendola, anche quella di ammissione in chirografo; pertanto, anche su quest’ultima domanda il giudice di merito, ove ritenga l’ipoteca revocabile, è tenuto a pronunciarsi, sulla base del principio di completezza enucleato dall’art. 112, co. 1 c.p.c.;
  • sotto diverso profilo, attinente alla cessione di crediti in blocco secondo le disposizioni dettate dall’art. 58 T.U.B., il giudice di merito può rilevare d’ufficio l’eventuale presenza del credito tra quelli ceduti; inoltre, sulla parte che agisce in qualità di successore a titolo particolare del creditore originario grava l’’onere di provare l’inclusione del credito nell’operazione, fornendo prova documentale della propria legittimazione, a meno che la controparte non l’abbia espressamente o implicitamente riconosciuta.

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