Le Sezioni Unite affermano che il debitore ammesso al concordato preventivo omologato, che si dimostra insolvente nel pagamento dei debiti concordatari può essere dichiarato fallito, su istanza dei creditori, del Pm o sua, anche prima e indipendentemente dalla risoluzione del concordato.
E’ questo l’ultimo approdo giurisprudenziale sancito con la sentenza n. 4696/2022 dalle Sezioni Unite.
Il provvedimento prende le mosse da una complessa vicenda fallimentare nella quale la società debitrice, pur avendo ottenuto l’omologazione di un concordato preventivo, non era riuscita a far fronte alle obbligazioni nascenti dallo stesso ed era stata dichiarata fallita su iniziativa del Pubblico Ministero, senza che il Tribunale avesse però emesso alcun provvedimento in merito alla risoluzione del concordato.
In sede di gravame, i giudici avevano sposato la tesi della società, sostenendo che il concordato preventivo inadempiuto possa essere risolto esclusivamente su iniziativa dei creditori e, in ogni caso, visti gli artt. 6-7 l. fall., senza previa risoluzione il debitore non poteva essere dichiarato direttamente fallito.
La Corte di Cassazione, facendo proprie le tesi di costante giurisprudenza e della dottrina maggioritaria, distaccandosi dalla sentenza della Corte d’Appello, ha ribadito come la dichiarazione di fallimento possa intervenire anche in assenza di una preventiva dichiarazione di risoluzione del concordato preventivo omologato, nel caso in cui il creditore istante faccia valere il credito nella misura falcidiata con la proposta concordataria e ineseguita: questo perché il debitore rimane legato all’adempimento delle obbligazioni nascenti dal concordato, anche quando sia scaduto il termine per la risoluzione del concordato.
Di conseguenza, l’inadempimento così configurato si costituisce come fatto sopravvenuto autonomamente rilevante e, pertanto, ravvisabile anche su istanza del Pubblico Ministero, oltre che da creditori vecchi e nuovi.