La domanda di cui all’articolo 96, comma secondo, c.p.c., non può essere proposta in un giudizio autonomo, ma deve essere proposta davanti al giudice dell’opposizione all’esecuzione, salvo che ciò sia impossibile per ragioni di diritto o di fatto. É quanto si legge nell’ordinanza della Cassazione del 31 dicembre 2021, n. 42119 mediante la quale ha cassato senza rinvio la decisione della Corte di Appello di Palermo per avere deciso su una domanda che non poteva essere proposta.
La vicenda in oggetto, per quanto attiene al giudizio di merito, riguardava un erroneo pignoramento di un mezzo nautico da parte di una società in accomandita semplice, a garanzia di un credito suppostamente vantato dalla stessa nei confronti del figlio dell’attore; tale erroneo pignoramento, per parte attrice, aveva causato danni quantificabili in 248.760 euro, dei quali si chiedeva integrale risarcimento. La domanda in oggetto era stata rigettata tanto dinanzi al Tribunale che in Corte d’Appello: entrambi i giudici avevano infatti ritenuto che l’attore non avesse sufficientemente provato né il danno emergente né il lucro cessante.
Adita la Corte di Cassazione, i giudici della VI Sezione hanno cassato senza rinvio la domanda di parte attrice, sostenendo la tesi su esposta: ciò alla luce di quanto già stabilito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte con la sentenza n. 25748 del 21.09.2021.
Nella menzionata sentenza le Sezioni Unite avevano infatti già affermato che l’istanza con la quale si chiede il risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 96, comma 2, c.p.c., per aver intrapreso o compiuto l’esecuzione forzata senza la normale prudenza (in forza di un titolo esecutivo di formazione giudiziale non definitivo, successivamente caducato) deve essere proposta, di regola, in sede di cognizione, ossia nel giudizio in cui si è formato o deve divenire definitivo il titolo esecutivo, ove quel giudizio sia ancora pendente e non vi siano preclusioni di natura processuale. Nel caso in cui sussista quest’ultima ipotesi, la domanda andrà formulata al giudice dell’opposizione all’esecuzione, e “solamente quando sussista un’ipotesi di impossibilità di fatto o di diritto alla proposizione della domanda anche in sede di opposizione all’esecuzione, potrà esserne consentita la proposizione in un giudizio autonomo”.
In sintesi, dunque:
- la domanda va proposta nell’ambito del giudizio nel quale si è formato il titolo esecutivo sulla base del quale si è agito;
- se il giudizio si è concluso o vi sono preclusioni processuali che impediscono la proposizione della domanda per esecuzione incauta o lite temeraria, questa va formulata al giudice dell’opposizione all’esecuzione;
- laddove non è possibile proporla neppure in sede di opposizione all’esecuzione, si potrà proporre un giudizio autonomo.