Quello dell’applicabilità della disciplina dell’usura agli interessi di mora è un tema assai dibattuto, sul quale sono intervenute anche le Sezioni Unite, con sentenza n. 19597 del settembre 2020.
La principale questione attorno alla quale ruota la diatriba dottrinale e giurisprudenziale, apertasi ormai da anni, è se gli interessi di mora siano o meno soggetti alla disciplina anti-usura di cui agli artt. 644 c.p. e 1815 c.c.
In particolare, l’art. 644 c.p. disciplina le ipotesi che concretano la fattispecie del reato di usura, mentre l’art. 1815 c.c. fa riferimento agli interessi c.d. usurari.
Sulla questione dell’applicabilità della disciplina dell’usura agli interessi moratori si sono formati, nel corso del tempo, due orientamenti, uno più restrittivo, teso a negare l’estensione della disciplina dell’usura agli interessi moratori, e un altro, favorevole invece ad un’interpretazione estensiva.
Secondo la tesi restrittiva (su tutte si veda Trib. Roma, sentenza n. 11764 del 2020; la stessa linea è stata, pure, seguita dall’ Arbitro Bancario Finanziario), l’impossibilità di estendere la disciplina dell’usura agli interessi moratori sarebbe dovuta principalmente a tre ordini di ragioni:
• anzitutto, occorrerebbe tener conto dell’art. 1815, comma 2 c.c., disposizione che, se interpretata in parallelo all’art. 644 comma 1 c.p. (che punisce chi si fa dare o promettere interessi usurari “in corrispettivo” di una prestazione in denaro), sembrerebbe potersi ricollegare ai soli interessi corrispettivi. In aggiunta, poiché nessuna delle due disposizioni (id est l’art. 1815 c.c. e l’art. 640 c.p.) menzionerebbe gli interessi moratori, questi resterebbero esclusi dall’alveo di applicazione delle disposizioni in esame;
• quanto, poi, alla funzione, gli interessi corrispettivi hanno carattere prettamente remunerativo, in relazione al godimento del denaro; quelli moratori, invece, operano come una sorta di risarcimento, conseguente l’inadempimento di un’obbligazione pecuniaria;
• gli interessi moratori non avrebbero, altresì, rilievo nel tasso soglia dei D.M.; (più nello specifico, nelle voci computate dai Decreti Ministeriali, ai fini della rilevazione del tasso medio, non erano inclusi gli interessi di mora, di talché, stante la necessità di omogeneità dei dati del TEG del singolo rapporto e del TEGM determinante il tasso di soglia, non era possibile conteggiare gli interessi moratori).
I fautori della tesi estensiva (su tutti si vedano Cass. 17 ottobre 2019, n. 26286; Cass. 13 settembre 2019, n. 22890; Cass. 30 ottobre 2018, n. 27442; Cass. 6 marzo 2017, n. 5598; Cass. 4 aprile 2003, n. 5324) pongono, invece, a fondamento del proprio convincimento, le seguenti osservazioni:
• anzitutto partono dalla ratio legis: l’art. 1815, comma 2 c.c., l’art. 644 c.p. e l’art.2, comma 4 della legge 108 del 1996, nonché l’art. 1, comma 1 del decreto 194 del 2000 non distinguono tra tipi di interessi e, anzi, in alcune di tali disposizioni si parla espressamente di “pattuizioni a qualsiasi titolo”;
• una seconda ragione, posta alla base della tesi estensiva, prende le mosse dai lavori preparatori della legge 24/01 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 394, concernente interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante disposizioni in materia di usura), laddove si afferma che era nelle intenzioni del legislatore considerare l’usurarietà di ogni interesse, corrispettivo, compensativo o moratorio;
• quanto alla funzione degli interessi, sia quelli corrispettivi che quelli moratori costituiscono la remunerazione di un capitale di cui il creditore non ha goduto, nel primo caso per sua volontà, nel secondo caso per un inadempimento del debitore;
• ulteriore argomento posto a fondamento della tesi si rinviene nell’importanza della disciplina antiusura, volta alla tutela delle vittime del reato, a prescindere dalle tipologie di interessi (corrispettivi o moratori).
Sulla questione sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19597 del 2012, prendendo una posizione definitiva sul punto.
Le SU sostengono che, alla luce delle ragioni sottese alla disciplina antiusura (su tutte la tutela dei soggetti coinvolti e la repressione dei fenomeni criminali, nonché la stabilità del sistema bancario), gli interessi moratori non possono dirsi estranei alla disciplina dell’usura, e quindi, vanno a questa assoggettati.
Per garantire, infatti, un elevato grado di tutela alle esigenze appena menzionate, è opportuno estendere la disciplina a tutte le tipologie di interessi; se, infatti, in relazione agli interessi moratori, si facesse esclusivo riferimento all’art. 1384 c.c., così come pure caldeggiava chi sosteneva la tesi restrittiva, gli standard di tutela risulterebbero compromessi.
La disciplina anti usura deve, dunque, tendere a sanzionare la pattuizione di interessi eccessivi, convenuti al momento della stipula del contratto, quale corrispettivo per la concessione del denaro, inclusi gli interessi moratori che sono, comunque, convenuti e costituiscono, quindi, un possibile debito per il finanziato.
Usura e interessi di mora: la sentenza delle Sezioni Unite Civili del 18 settembre 2020, n. 19597.
21 Giugno 2021
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